martedì 31 luglio 2012

Caravaggio alla Galleria Nazionale di arte antica a palazzo Barberini di Roma


Roma.
Palazzo Barberini.
Galleria nazionale di arte antica.
Sala numero 9...
Alla mia sinistra c'è il Narciso di Caravaggio ed è chiaro che di Caravaggio non c'è nulla. Nulla di quell'arte che è davanti a me in Giuditta e Oloferne: davvero le due mani le vedo anche io, il che è tutto dire.
Caravaggio (attr), Narciso, 1597-99, olio su tela, cm 113,3x95
Però Narciso ha il fascino sottile ed ipnotico di un'opera dominato da una sintesi cromatica sapiente e potente che le riproduzioni non restituiscono.

Dal riflesso nell'acqua, al ginocchio, al corpetto ricamato, c'è un climax virtuosistico totalmente estraneo a Caravaggio che usa spesso un altro tipo di climax, quello espressivo.
Poi c'è il colpo di genio che io non avevo mai notato: la mano destra di Narciso è appoggiata e viene su diritta e salda, come fosse piantata nel terreno, senza la spalla che è nascosta dal profilo del volto del dolce ragazzo, cosi anonimo che viene da dire che sia un'occasione sprecata.
L'avambraccio sinistro, invece, potrebbe essere di "Caravaggio": infilato in una manica bianca e vaporosa fa sporgere la spalla che avanza verso di noi come se dovesse bucare la cm. tela; il gomito è arretrato e il braccio ancora avanza verso di noi, non più grazie al colore ma alla linea. Forse è solo “accademia” ma la mano, quella é sublime: la mano sinistra di Narciso è dentro all'acqua mentre di afferrare quel riflesso, denunciando un irrazionale e ardente desiderio che non si accontenta più della sola visione della forma.
Le due mani di Narciso: una di terra e una d'acqua; l'una piantata regge il corpo e l'altra, affondata nell'acqua, lo perde. Chiunque sia il pittore che ha trasposto in colore questa poesia è riuscito a dare un contributo notevole a quel felice motto oraziano, tanto amato nel Seicento “ut pictura poësis.
Giuditta e Oloferne invece sono proprio di Caravaggio e lo dichiara con certezza quella figura ambigua e incoerente che sta, tagliata dalla cornice, all'estrema destra davanti a Giuditta Un servitore ammutolito e immobile dall'orrore cui assiste. Questo personaggio non ha ragione d'essere nel racconto biblico ma svolge la funzione del coro della tragedia greca. L'espressione e la fisionomia dichiarano il ritratto da “camera oscura” che sicuramente non è stata usata per Giuditta e per il corpo di Oloferne.
Caravaggio, Giuditta ed Oloferne, 1597-1600, olio su tela, cm. 145x195
L'espressione dei due protagonisti, pur riconoscendola come “reale”, non convince: pare una giustapposizione, un montaggio poco credibile.
Ne soffre di molto la visione d'insieme della scena che, pur ricca di particolari, pur abbondante di pathos, rivela una "regia poco curata". Certamente inferiore ad altre opere a cui il passionale e inquieto Caravaggio ci ha abituato.

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