martedì 15 gennaio 2013

La Gioconda ovvero l'antiritratto d'autore (arte al femminile VIII parte)

Non sapremo mai chi sia la donna ritratta nel dipinto che conosciamo come Gioconda, anzi se lo si confronta con altri ritratti dello stesso periodo, dubito possa essere considerato tale.
Leonardo, Ginevra Benci
Leonardo, La bella Ferroniere,

Se paragoniamo questo ad altre donne dipinte, ci accorgiamo di una impotante novità: non ha elementi identificativi nè celebrativi. Quindi, anche se Leonardo lo concepì con l'intenzione di dipingere un ritratto, dobbiamo supporre che egli stesso abdicò agli scopi fondamentali di questo genere pittorico. Analizzando e confrontando questa, con altre sconosciute coeve, l'opera manca di qualsiasi oggetto -animale, vegetale, veste, accessorio, gioiello o acconciatura- che possa caratterizzare o far identificare la donna o il commitente dell'opera. Inoltre è evidente che la posa della Gioconda -seduta e inquadrata fin sotto alla vita con le mani in primo piano e girata di tre quarti verso lo spettatore- è una straordinaria novità che fu copiata da diversi artisti  e la troviamo in molti ritratti del Cinquecento. Quindi il dipinto è stato iniziato a Firenze dove Leonardo propose questa nuova posa o la prese lui stesso da qualche precedente che non conosciamo. Nonostante la Gioconda non fu mai consegnata al committente fiorentino,  la modalità di posa fece scuola  nei successivi ritratti muliebri, ma il suo successo non fu sufficiente a tramandarci chi si nasconde sotto quel viso. Poi In Francia, alla corte di Francesco I, Leonardo non smise mai di rimaneggiare e perfezionare quella sua opera, fino alla morte.

Raffaello, la Velata
L'espressione della Gioconda è diventata famosa proprio per essere enigmatica, questo effetto non è casuale, ma è, evidentemente, una chiara volontà del pittore. Egli ha usato uno dei suoi caratteri stilistici con grande maestria: lo sfumato agli angoli della bocca e degli occhi conferisce alla Gioconda un'espressione indefinita.
Mi sembra dunque naturale che l'indefinitezza sia una caratteristica che permea tutta l'opera e che sia stata pensata, ricercata e voluta dall'artista.
Non ne conosciamo il motivo, sappiamo invece perché questa è una delle opere più famose al mondo, come mai è diventata il simbolo stesso dell'arte occidentale.
Innanzi tutto è bene sapere che la notorietà di Leonardo non era così chiara e riconosciuta quando accade un fatto di cronaca che destò l'attenzione di tutti su questo quadro e sul suo pittore.
Leonardo, La dama con l'ermellino
Nell'aprile del 1911 il quadro della Gioconda fu rubato dal Louvre, per due anni non si seppe nulla del suo destino. Nel 1913 Vincenzo Peruggia ex impiegato del Louvre, tentò di vendere il dipinto ad un antiquario di Firenze che naturalmente lo denunciò e il ladro fu arrestato. 
Il furto era stato progettato al fine di far tornare in Italia l'opera che si pensava conservata ingiustamente in Francia in quanto “rubata dalle truppe napoleoniche”. Peruggia non sapeva che la Gioconda appartiene legittimamente alla Francia in quanto Leonardo visse e lavorò alla corte di Francesco I fino alla morte. Come artista di corte, le opere rimanevano al re, ma pare esista anche il documento di un pagamento relativo alla Gioconda
Il furto del dipinto ebbe un’immensa eco mediatica: i giornali diedero grande rilievo alla notizia della sparizione e del ritrovamento del dipinto. Grande clamore ebbero anche le mostre che furono organizzate in Italia prima di restituire alla Francia il capolavoro leonardesco.
Duchamp, L.H.O.O.Q.
Approfittando dell'interesse che l’evento aveva suscitato, il Louvre organizzò una campagna pubblicitaria che vedeva nella Gioconda il suo maggior testimonial.
Sapek, la Gioconda che fuma la pipa.
Ecco perché quando l'artista Dada Marcel Duchamp decise di fare un'opera che avesse come significato la distruzione dell'arte, scelse la Gioconda. Sopra una sua riproduzione a stampa disegnò barba e baffi: con l'ironia egli era riuscito a dissacrare, insieme con l'“icona”, l'arte nel suo insieme. Grazie alla notorietà che il dipinto leonardesco aveva in Occidente non avrebbe avuto bisogno di spiegazioni affinché il messaggio fosse compreso: da quel capolavoro assoluto, che tutti potevano riconoscere, si poteva far ripartire il discorso della ridefinizione dell'identità dell'arte.
Un'operazione simile l'aveva fatta anche Eugène François Bonaventure Bataille (che operava con lo pseudonimo Arthur Sapek) con il disegno "La Gioconda che fuma la pipa", fatto nel 1887 per la rivista "Le Rire"

La Gioconda è dunque un capolavoro, ma la sua grande fama è dovuta ad un tam tam mediatico iniziato per un fatto di cronaca, continuato dalla "protesta" di Duchamp e cavalcato da una meravigliosa campagna di marketing del Louvre.
Così chiunque vada al Louvre s'impone di affollare la grande stanza dove è ospitato il capolavoro e di guardare a distanza questa piccola opera, voltando indifferente la schiena alla immensa e meravigliosa tela di Veronese "Le nozze di Cana".
 
La riconoscibilità di questa opera ha favorito il suo utilizzo anche nelle pubblicità commerciali: quindi l'uso dell'immagine o l'allusione ad essa è stata spesso impiegata a fini diversi dalla promozione artistica o cultuale.

Campagna pubblicitaria per l'acqua Ferrarelle, Agenzia: Michele Rizzi & Associati (Italia, 1980)

La Gioconda di Leonardo da Vinci compare triplicata, ogni volta con una diversa acconciatura nella campagna “LISCIA? GASSATA? O FERRARELLE?”.
L'acqua in bottiglia della nota marca si propone come conosciuta e unica, la pubblicità non è usata per comunicare la sua esistenza, al contrario, il messaggio primario, “scontato” è: tutti la conoscono, è famosa come la Gioconda, e quindi non si capisce perché ci sia ancora qualcuno che preferisca altre marche.
La campagna pubblicitaria si pone invece come un'informazione all'acquisto diventando ironicamente esplicativa. Attraverso la metafora acqua-Gioconda il manifesto pubblicitario ci spiega la differenza tra questa e le altre acque: le bollicine naturali dell'acqua sono paragonate alla pettinatura della Monna Lisa.
Le acque gassate con l'aggiunta di anidride carbonica sono rappresentate da Monna Lisa con i capelli ricci, in effetti ha troppi ricci che la fanno apparire una caricatura: lo capiscono tutti, non è l'originale!
Le acque lisce invece sono identificate con il volto, della donna immortalata da Leonardo, incorniciato da capelli lisci; anche in questo caso l'acconciatura ci fa apparire l'immagine riconoscibile come copia non come l’originale.
Solo l'ultima riproduzione è quella della Gioconda vera del Louvre, con i capelli lievemente mossi in modo naturale ed è identificata, come evidenzia la scritta, con l'acqua Ferrarelle. I capelli di Monna Lisa e l'acqua in questione sono entrambi naturali, si pongono quindi come originali, famosi, inimitabili ed italiani (ma famosi nel mondo).
Questa pubblicità è forse tra le prime che faceva leva sul concetto di conoscenza artistica: la comprensione del messaggio passava attraverso la sollecitazione del riconoscimento di un'immagine d'arte del Rinascimento italiano, compiacendo la sfera intellettuale dell'osservatore. 
 
Agenzia Armando Testa per il Motorshow Bologna 2006

Molto accattivante è il manifesto pubblicitario per la fiera “Motor show” Salone dell'automobile di Bologna del 2006.
Il primo concetto che comunica l'immagine è relativo al cliché che accomuna le auto alle donne, le due passioni del maschio moderno. L'immagine propone un salto di target, non evidenzia un’auto qualsiasi e vicino ad essa non mette una donna qualsiasi.
Al centro della pubblicità, infatti, non c'è l'auto ma la Gioconda e l'immagine diventa una sorta di indovinello: se la Gioconda guida l'auto, l'osservatore può supporre che essa sia meravigliosa, esclusiva e unica.
Dell'auto si dice prima di tutto che è decapottabile ed è in movimento, i capelli di Monna Lisa sono scomposti dal vento, quindi la Gioconda sta guidando davvero; l’auto è sportiva e italiana? quindi è un capolavoro come colei che la guida.
Lo slogan “Bella scoperta”, riprendendo il binomio automobile - capolavoro, allude al fatto che l’auto decapottabile è bella; che il riconoscimento di un capolavoro equivale alla scoperta della Gioconda; che la “predilezione” di Monna Lisa è per le auto italiane: è come dire che la donna ritratta da Leonardo preferisce guidare le automobili italiane che sono capolavori come lei, sono cioè alla sua altezza.
Copertina del cd Olio, fotomontaggio creato da Mauro Balletti (1999)

Nella copertina del cd Olio Mina si trucca da Gioconda.
Niente nel titolo o nel resto dell'immagine fa riferimento ad alcun elemento che riconduca al ritratto del Louvre. L'affiancamento del ritratto all'immagine della Gioconda si basa sul ricorso all'insistenza della sfumatura che rende il volto di Mina sovrapponibile a quello di Monna Lisa. Poi i messaggi che questa identificazione si porta con sè sono, come sempre, celebrativi e legati al capolavoro, alla unicità, all'originalità che identificano sia il dipinto che la voce della ineguagliabile cantante italiana.

    

Le pubblicità che si basano su dipinto sono infinite e di grande ingenio qui alcune ad iniziare dalla variazione sui capelli






Aspirapolvere Miele dell'Agenzia Aicher A\C 2005


 


           






Onde morbide e troppo lucide, pe i modelli leonadeschi, create nel 2007 dall’agenzia australiana Grey, per pubblicizzare lo shampoo Pantene Time Renewal che, come l’immagine ci dimostra, “Risana i capelli danneggiati dal tempo”.




 Infine tra le moltissime pubblicità inventate (che potete tovare qui)  propongo questa, deliziosa, del Kit Kat. Oltre a mostrarci la comoda poltrona che occupa da secoli la Gioconda, i pubblicitari giocano molto finemente sul "tormentone del sorriso", asserendo la verità sul detto che la Gioconda, a volte,  sorride. Certo, dopo che ha fatto "un break con Kit Kat!"



Leonardo da Vinci, Gioconda, 1503-14, olio su tavola, cm 77 x 53, Parigi, Museo del Louvre.
Leonardo, Ginevra Benci, 1474-78, tempera e olio su tavola, cm 38,8 x 36,7, Washington National gallery of art.
Leonado, La Belle Ferroniere, 1490-92, olio su tavola, cm 62 x 44, Parigi, Museo del Louvre.
Raffaello, La Velata, 1516, olio si tavola, cm 85 x 64, Firenze, Galleria Palatina
Leonardo, La dama con l'ermellino, 1488-90, oilio su tavola, cm 54,8 x 40,3, Cracovia, Museo di Czartoryzki
Duchamp, L.H.O.O.Q. (Gioconda con i baffi), 1919-64, ready made rettificato, cm 19,7 x 12,4, Collezione privata.

2 commenti:

  1. Che bello che tu riesca a trovare qualcosa di originale, divertente e interessante da dire anche sulla Gioconda! E' questa una grande prova per uno storico dell'arte: non riproporre i soliti discorsi che sanno d'aria fritta (e sulla Gioconda sarebbe fin troppo facile)ma offrire la possibilità di guardare anche le opere più note sotto un altro angolo per farcele, finalmente, riscoprire.

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  2. Sono gli studenti che mi obbligano! Sono al loro servizio. Quando ho iniziato ad insegnare mi sono resa conto della difficoltà che esisteva a superare gli stereotipi e i luoghi comuni ed ho iniziato a provocare. Così le opere che "tutti amano" io le "odio" fino a quando loro non iniziano ad odiarle. Quando il momento arriva allora si inizia a smontarle e a rimontarle guardando una opera "sconosciuta".
    Così Napoleone e Dan Brown sono i miei valletti.
    Il mio nemico numero uno però resta sempre lui: "Monet & co".
    Grazie

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