domenica 2 giugno 2013

Tre donne allacciate (arte al femminile X parte)

 Hans Baldung Grien, Le tre grazie, 1541-44, olio su tavola, cm 151 x 61, Madrid, Museo del Prado
 Hans Baldung Grien, Le età della donna e la morte, 1541-44, olio su tavola, cm 151 x 61, Madrid, Museo del Prado


Le età della donna e la morte appartiene all'ultimo periodo della vita del pittore. È stato concepito con un suo gemello che è la raffigurazione delle Tre Grazie.
Dalla visione delle due tavole affiancate si ha il giusto punto di vista per la lettura che, secondo la visione che Grien ha della vita, piuttosto severa e oscura, assume un aspetto davvero diverso rispetto alla visione che questa iconografia ha in Italia (vedi La Primavera di Botticelli).
Nella prima tavola, in basso sono rappresentati tre bambini, uno dei quali ha uno spartito e tiene un cigno per il collo. La grazia e l’eleganza delle tre giovani donne traspare dalle pettinature, dai gioielli (collane con pietre preziose e perline pendenti, spilla con perle, pendenti con perle a goccia, la corona sul capo) e le loro nudità non hanno nulla di impudico. Una di esse ha un liuto in mano e una viola è posata ai suoi piedi.
La giovane a sinistra sta leggendo un libro che la sua vicina regge con la mano destra. Un serpente intorno al tronco di un albero pare insidiarle. Gli sguardi delle tre giovani spaziano in direzioni diverse. Il paesaggio allude ad una stagione primaverile, come si evince dal sole, dagli alberi frondosi e verdi e dai fiori.
La rappresentazione allude al piacere delle arti: particolarmente della musica cui si riferiscono lo spartito, gli strumenti musicali e il cigno (schwan in tedesco. Per la sua radice etimologica deriva dalla stessa radice da cui è derivato il verbo latino cano, in italiano cantare).
Per il suo colore e la collocazione, vicino ai bambini, il cigno assomma anche il significato di purezza, confermata dalla simbologia della perla, così insistita, che vela la scena di un’aura di castità, innocenza e purezza. Così il serpente assume il valore di possibilità di seduzione al peccato che le grazie per il momento, non colgono.
Anche nella tavola a fianco ci sono tre donne, sono messe una dietro all'altra incatenate dalle loro braccia e suggeriscono una sequenza temporale o gerarchica. Le tre donne hanno un’espressione triste. Si tratta di un severo memento mori: la giovane in primo piano ha le sembianze di una delle tre “grazie” della prima tavola, ma guarda triste verso di noi mentre una lacrima esce dai suoi occhi. Il suo corpo seminudo non è più adorno. La vecchia che è dietro di lei, la cinge come in un abbraccio e con l'altra mano prende un lembo del drappo che non serve più da ornamento ma da pudica copertura. Pare svanita ogni traccia di quella spensierata ricchezza di vita e di eleganza che rendevano le vesti delle grazie leggere. Anche l’aria sembra meno trasparente e il drappo appare un cencio. Non c'è violenza ma fuori dal giardino delle Grazie, il gesto della vecchia appare severo, come ineluttabile, come a voler cancellare nella fanciulla ogni residuo di gioia, ogni spensieratezza. Qui appare più insidioso e coerente il memento mori, come a mettere in guardia dai pericoli dei piaceri in nome di quella salvezza che è ricordata dall'apparizione della croce di Cristo in cielo. Lo sguardo che la vecchia impone sulla giovane è un monito che non lascia dubbi: è un invito a guardare quell’inquietante compagna di viaggio che con la clessidra indica che il tempo inesorabile passa e lascia il segno.
La Morte, tenuta a braccetto come si fa con gli alleati e i complici, è concentrata solo sul tempo che misura con una clessidra e con un quadrante solare. Nella mano sinistra tiene una lancia spezzata, la cui punta metallica è sotto la mano di un bimbo che, steso per terra e abbandonato, è in una posa del tutto innaturale, forse morto. Il gufo, animale notturno e presagio di morte, lo farebbe pensare.
Anche il paesaggio spoglio contrasta chiaramente con la tavola ”gemella”: lì era rigoglioso, qui apparentemente è un paesaggio arido. Non è l’aridità della stagione invernale che assicura riposo alla terra, l’arsura pare causata dalla guerra.
Lo sparuto gruppo di cavalieri che si scorgono lontano ha portato la guerra e con essa carestia ed epidemie  da cui deriverebbe la morte del piccolo. Egli non sarebbe morto per “lo scadere del tempo” ma per mano di quella morte prematura che rapisce senza ragione. (Dante direbbe com’altrui piacque)

La vecchia e la Morte sono stati pensati da Grien in un modo curioso perché, se si osserva bene, risulta chiaro che il ragionamento che il pittore ha fatto è quello della sottrazione: dalle Grazie alla morte, Grien ha sottratto i panneggi, i gioielli, il sorriso, il candore. Ed è come se lo sguardo dell’osservatore assistesse al cadere, a poco a poco ma inesorabilmente, tutti gli attributi che hanno fatto del luogo ameno delle Grazie uno sterile scenario di morte. Così quello che rimane, rispecchiato anche dal turbamento nello sguardo, è la raffigurazione della Morte, terribile nella sua scheletricità e animalità caprina. Essa ha sottratto alla donna la capacità relazionale che le Grazie mostravano cercando sguardi altri e protendendosi verso altre storie, come si deduce dalla presenza del libro; ha sottratto, con il bambino dormiente, l’idea della procreazione e della trasmissione di memorie; ha sottratto la capacità di esercitare la nobile arte della musica, la più alta espressione dell'uomo in quanto diletta educando i sensi e l’intelletto. 

2 commenti:

  1. Bello il commento, come sempre. Suggestiva ( e malinconica) l'idea della vecchiaia e della morte come sottrazione; davvero nordica l'atmosfera del dipinto, in contrasto con la visione mediterranea ( nel senso anche dell'eredità del paganesimo) della vita nei nostri dipinti rinascimentali.

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  2. questi dipinti, ricordo di 2 anni fa, mi lasciarono attonita e sospesa incerta nel gioco che conduco con colleghi e studenti nell'indovinare le iconografie. Se avessi seguito l'itinerario solito del Prado, allora non le avrei nemmeno notate, perchè dopo Bosh, l'estroso Grien è quasi banale, ma in quel caso mi ci trovai a ridosso con ancora Adamo ed Eva di Durer appena restaurati, negli occhi. Di fatto mi rimasero impresse queste fanciulle con la posa rigida, ma addolcita nella carne, dall'aria sospettosa e furono al centro, una volta tornati, di qualche discorso, di una mostra, e , temo, di qualche votaccio...

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