venerdì 15 novembre 2013

Rinunciare alla divisa: san Martino

Quando si conoscono le storie dei santi, accade di sentire episodi simili attribuiti a diversi nomi e si rimane stupiti e confusi. In effetti lo scopo della narrazione delle antiche vicende, che portarono semplici uomini a diventare santi, è molto diversa dalla conoscenza cronachistica che caratterizza il nostro modo di apprendere la vita delle persone importanti oggi.
L'antica narrazione della conquista della santità era un insieme di episodi simbolici, che vanno oltre il fatto di storia per divenire strumenti che dovevano ispirare il cristiano a unirsi alla sequela di Cristo, al fine di  fissare gli atti meritevoli nella mente del fedele: si raccontavano episodi comprensibili e riproducibili anche da persone non istruite.
Simone Martini, San Martino dona il mantello
ad un povero, 
Oggi tali atti corrono il rischio di essere banalizzati o non compresi perché ci si ferma a coglierli con la mentalità di oggi, senza inserirli nella consuetudine aneddotica tipica della letteratura antica.
Nella storia di San Martino e di San Francesco, ad esempio, troviamo lo stesso episodio del dono del mantello.
Le realtà profondamente diverse, in cui è inserito un simile episodio, darebbero luogo a "lezioni di vita cristiana" differenti mentre oggi ci appare prevalere  in entrambe l'esempio di generosità materiale.
Martino fu un militare romano del IV secolo -non battezzato, ma educato al cristianesimo- che incontrò un mendicante durante una perlustrazione notturna del suo accampamento. In questa situazione, di uomo forte di fronte a uomo debole, Martino lascia il suo privilegio e scende al livello del mendicante: compromettendo la sua uniforme taglia il suo mantello per permettere la povero di ripararsi dal freddo.
L'atto di Martino non consiste solo nella generosità di privarsi di un suo bene, ma ha un insegnamento specifico che doveva essere ben chiaro ai contemporanei. Il militare rinunciò al suo grado di cui l'uniforme costituisce non solo simbolo, ma la sostanza. La manomissione della divisa era considerata ( ed ancora oggi è così) una grave infrazione sanzionata proprio perchè è uniforme -non abito- e dichiarava una condizione che differisce dalla  civile per incarico dell'Impero di Roma.
Il gesto di Martino è la traduzione -nel linguaggio popolare- del capitolo 10, 29-31 del vangelo di Marco.
Gesù gli rispose: «In verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna. E molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi».
La vicenda prosegue con l'apparizione di Cristo, in sogno, coperto del mezzo mantello che aveva rivestito il medicante. In premio Cristo consegna il mantello integro all'ufficiale che si risveglia con la sua uniforme intatta.
Ecco perché Martino è rappresentato nella Basilica di San Apollinare Nuovo a Ravenna con un importante mantello porpora (colore imperiale) che lo differenzia da tutti gli altri santi. Il colore oro dello sfondo ci dice con certezza che non è la rappresentazione dell'uomo martino, della sua storia ma della sua condizione di santo nella gloria del Paradiso.
La presenza di Martino alla testa del corteo dei Santi Martiri non appartiene ala decorazione originaria. Infatti questo edificio è nato nel 505 come cappella palatina commissionata da Teodorico e consacrata al culto ariano. Quando alla metà del VI secolo la chiesa venne riaperta e "convertita" al culto cristiano fu intitolata proprio a Martino, santo vescovo di Tours che si era distinto per la lotta contro gli ariani.
Martino fu uno dei primi santi che non ha subì il martirio e sia alla testa di un corteo di Martiri (tra i quali si distingue Lorenzo con la tunica oro)

L'episodio del dono del mantello nella storia di Francesco (figlio di un mercante, vissuto alla soglia del XIII secolo) è raccontato nella  Legenda maior ed è una sorta di premonizione alla scelta definitiva del figlio del ricco mercante, che si spoglierà delle ricchezze del mondo, per abbracciare una vita povera di beni ma completamente dedita a Cristo e ai fratelli. 
Francesco dona il suo mantello non ad un mendicante, ma ad "un cavaliere nobile ma povero e mal vestito" (capitolo 1,2) . In questo caso l'abito ricco di Francesco è un dono di dignità da parte di un appartenente al ceto inferiore ad uno del ceto sociale superiore, è un affermare ruoli e ambiti sociali definiti che evidenziano la scelta rivoluzionaria che  Francesco avrebbe iniziato poco dopo. La questione sociale e la nascente classe borghese erano temi importanti. Il sovvertimento di Francesco attualizza e rende comprensibile ai suoi contemporanei il brano del vangelo di Marco 10, 43-45:
Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore,  e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
L'atto del donare il mantello al nobile cavaliere diviene chiaro ed esplicito nella sua vita e missione: Francesco abbatte ogni barriera sociale  ed economica per cui il consacrato a Dio esce dal territorio sacro del monastero ( che non doveva nemmeno esistere secondo la volontà del Poverello d'Assisi", della chiesa, e va incontro all'ultimo. Questa rivoluzione è ben esemplificata dal nuovo linguaggio religioso che è il linguaggio del popolo: ciò che porta a Dio non è più delimitato da barriere culturali o spazio-materiali, ma diviene accessibile, anzi "portato"  a chiunque nel suo mondo. 
Tutto questo è reso ancor'oggi evidente dalla rivoluzione delle immagini che subiranno quella conversione umanizzata del linguaggio predicato. Le nuove immagini parlano al cuore, non al cervello, linguaggio nel quale immedesimarsi con la esperienza umana e non col sapere religioso astratto bizantino. Le immagini religiose del Cristus Patiens o di Maria, madre di Gesù, aumentate a dismisura con la predicazione francescana, sorgono dalla spogliazione del mantello della divisione sociale, economica e culturale per parlare il linguaggio universale dell'esperienza del dolore e della tenerezza materna.





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